Autore 
Carlo Carrà
Titolo 
La strada di casa - Il disegno come laboratorio mentale
Anno 
2002
Pagine 
72
Formato 
22,5x22
Prezzo 
€10,00
ISBN 
88-8394-013-X

La strada di casa, proprio se analizzata attraverso l'apparente ininfluenza della preposizione semplice che in essa è contenuta, si presta alle interpretazioni che di Carrà è meglio che in altri è sottendono alla dimensione intima, non confondibile con semplice, ricercata ed ottenuta vita natural durante coi luoghi e le persone. Già, i luoghi: intesi come appartenenza e che ci propongono quel di casa come accezione possessiva, nel senso di sentire parte interiore è quand'anche nel caso di Carrà, non necessariamente condivisa è il territorio come cultura di riferimento, vissuta magari con l'ostinazione dell'intuirsi è che è cosa diversa dal sentirsi è già avanti di qualche decennio nel tempo. Ostinazione, certo, mai ribellione alla terra però: da cui ci si può allontanare è espressione differente dal fuggire è senza forse fare più ritorno fisico, rimanendone però contaminati, addirittura portatori sani di una filosofia interpretativa del rapportarsi a quel che accade, piuttosto che di schemi comportamentali, impensabili nel genio libero di Carrà.
Un rapporto ineluttabile, con le cose che si susseguono e che senz'altro possono essere modificate, ma secondo un canone di metodo antico, tanto più valido se utilizzato in un evento nuovo. Lento è pertanto Carrà, nell'andata come nel ritorno delle sue esperienze, perché ancora una volta è possibile nel suo caso la metafora della strada di casa, che si può prendere così come si può abbandonare. Consapevole Carrà, in tale aggettivazione, di possedere la calma dell'esperienza, delle valutazioni già viste e che mai, però, si tramutano in giudizio. Come quando bambino, presago forse involontario di uno scopo, percorre per la prima volta la sua strada di casa senza fissarne i limiti di estensione: da e per Alessandria come poi da e per ogni luogo è 24 chilometri per vedere il monumento dedicato ad Urbano Rattazzi è senza che gli zii incontrati lungo il percorso lo facciano salire sulla propria carrozza. Vicenda narrata per sottolineare un comportamento curioso, non per contestare quello che in ogni caso, nella scansione dei fatti così come la vita li pone, Carrà riconosce comunque quale diritto dei poco cordiali parenti.
Diritti e doveri, appunto, interpretati gli uni con forza ed orgoglio poiché il diritto, in Carrà, è sinonimo di principio; mentre gli altri con umiltà: scolpita come nei personaggi tipici del Piemontese (ma stanziale) Fenoglio è che nella scomposizione narrativa e linguistica di cui è stato maestro, rimane il suo omologo letterario è per restare su altre varianti dei luoghi di casa. Umiltà, ovvio, che non è sottomissione: umiltà fiera, potremmo dire è come nella polemica di cui fu sempre araldo rigoroso ed intransigente è di chi non ha mai ricevuto sconti, rispetto alla formula antica del dare per avere. Così al suo primo vero distacco, dalla strada di casa: verso Valenza, apprendista non ancora adolescente a metà tra il muratore ed il decoratore, colto di sorpresa sentendosi proclamato vincitore del concorso scolastico di fine d'anno, quale studente serale all'istituto d'arte.
Consapevole delle origini, vissute nell'orgoglio interiore di chi non ama ostentare è parsimonioso, forse è sentimenti che possano apparire come rivendicazioni, Carrà non abbandona mai il filo conduttore che gli resta proprio, in termini soprattutto del giusto valore conferito alle cose o meglio al valore anche intrinseco del lavoro in quanto tale. È a Parigi, ad esempio, quando si pone mille scrupoli all'atto di esigere quanto pattuito per la decorazione degli archi del padiglione canadese è durante la Grande Esposizione del 1900 è reputando la facilità del lavoro stesso, sovrastimata rispetto al preventivo. O ancora a Londra, quando rimane letteralmente abbagliato dallo scintillare di migliaia di sterline d'oro, che il cassiere di una banca sposta da una cassa all'altra dinnanzi a lui che fa la fila.
Ingenuità un po' provinciali di un tenero Carrà che giovanissimo iniziava la propria esperienza? Poco probabile, se si pensa alla schietta consapevolezza di sapersi fin da subito cittadino del mondo, secondo la spesso ricordata lezione di Pietro Gori, come pure concordando sul fatto che i tratti caratteriali salienti di una persona, spesso a similitudine della competenza, difficilmente si acquisiscono ovvero si perdono con l'incedere degli anni.
E di tutti i modi inconsci per mantenere vivo un ricordo è interpretato appunto come abitudine involontaria è la strada di casa in Carrà rimane legata ai disegni, nati come iniziazione primordiale nel corso della lunga degenza infantile, poi graffiti ante litteram di pareti e solai, per divenire metodo assoluto: ´Disegno come laboratorio mentaleª stando alla fortunatissima definizione del suo studioso più autorevole è il figlio Massimo è assunto a pratica quotidiana posta in essere per l'arco di un'intera vita, congiuntamente agli scritti sull'arte. Il disegno proprio perché sintesi tra memoria e fantasia - l'osservazione è sempre di Massimo Carrà è prodotto della fusione sinergica di due fasi distinte, certo, ma indispensabili a raggiungere il non sempre immediato equilibrio tra l'oggetto così come appare realmente e, fondamentale, il suo successivo sviluppo astratto.
Complementi della sua stessa esistenza, gli abbozzi di Carrà ci appartengono in quanto documento decodificatore del percorso anche biografico oltre che artistico è aspetti entrambi, a dire il vero, d'impressionante sovrapponibilità è compiuto in ottantacinque anni di vita. E se i percorsi, si è detto è virtuali quand'anche è vedono generalmente impegnate le strade: in misura virtuale sia intesa anche quella di Quargnento; allargata, senz'altro, dall'enorme capacità del maestro nel metabolizzarla in misura assolutamente privata, senza condizionamenti di sorta, ma pur sempre importante: come solo può esserlo è per chiunque la senta è la strada di casa.

Contattaci