Prefazione di Raffaele De Granda
Domenico Lini è stato per poco più di 7 anni il direttore del Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci, dal 1994 al 2001, un [nel] tempo decisivo della sua trasformazione fino a portarlo alla situazione dell'oggi come Fondazione.
È pertanto preziosa questa sua opera che ci descrive la storia della fondazione del Museo nei suoi vari passaggi verso il rinnovamento tecnologico e ancor più per le prospettive che oggi si propongono. Un'opera utile, vissuta, con il profondo sentimento della necessità e importanza dalla quale egli [il Lini] si congeda affidando il messaggio alle generazioni dell'oggi e future.
Il carattere della pubblicazione, per quanto profondamente scientifico, è utilmente didascalico-illustrativo come se l'autore volesse impartire conoscenze che soltanto chi ha vissuto dall'interno la vita del museo possa fornire. È un metodo antico che comincia con Esiodo e con Virgilio quando davano lezioni di agricoltura alle generazioni venture. Perciò il libro si legge come una sorta di autobiografia, di una vita vissuta nel farsi del museo, delle sue origini, della sua storia, della sua composizione e il suo divenire nel tempo.
Lini parte dalla considerazione del carattere umanistico del museo e da [che si intitola a] quella grande sintesi tra umanesimo e scienza che fu Leonardo, cui il Museo si intitola. Lettere e scienza, arte e scienza, sono parametri di [nel giudizio] sulla stessa storia del museo[,] e di tutto ciò che può aver turbato questi binomi dialettici: la stessa storia di formazione del museo dalla memoria della conoscenza nell'antichità all'indirizzo di cultura laica che si va precisando dopo la formazione dell'unità nazionale dopo il 1859 e a ieri quando Guido Uccelli, dopo il recupero della navi romane nel lago di Nemi, fece nascere il museo stesso nella sede del convento degli Olivetani.
Importante è tutta la parte che riguarda il rapporto tra scienza e tecnologia che ha impresso un valore vitale al Museo di oggi, fino a delineare un progetto per un nuovo Museo della Scienza quale oggi di addice a questa preziosa istituzione che si rinnova di continui apporti, compresi quelli del patrimonio artistico nel corso dei tempi. Nella lettura, Lini ha la coscienza di questa continua dialettica tra memoria e progresso che caratterizza l'opera compiuta da chi non si è accontentato di essere il "conservatore" del museo, ma di chi ha voluto farne sempre meglio un museo vivente, aperto alle scoperte del presente e con una prospettiva sull'avvenire.
Lini non perde mai la coscienza del rapporto con la società che è tanto cambiata da quando il museo è stato formato. Questo non è pertanto soltanto un lavoro di storia, che sarebbe di per se stesso già un fatto importante. È un lavoro progettuale che tien conto di tutte le esperienze fatte all'estero come quella del Deutches Museum di Monaco, fondato nel 1903, con la giusta considerazione di quelle che sono state le idee del fondatore Guido Uccelli di Nemi e soprattutto con vere e proprie relazioni sulla storia del museo, la sua funzione didattica e la stessa filosofia dell'oggetto esposto. Si leggono in proposito alcune belle pagine sulle considerazioni degli oggetti, la sedia per esempio, per dire di uno degli oggetti più semplici.
Lini analizza i più vari tipi dei musei scientifici, studiati nei passaggi sociali dei nostri tempi, sempre tenendo presente la funzione didattica, essenziale, del Museo. Lo fa tenendo conto del rapporto con le risorse a disposizione per cui questo non è un "libro dei sogni" ma uno strumento utilissimo per l'organizzazione e lo sviluppo del museo. Pertanto nell'accomiatarsi dalla direzione del Museo leonardesco Domenico Lini invia un messaggio molto importante ai nuovi amministratori, non uno storico addio ma il risultato di un'esperienza profondamente vissuta dalla quale ripartire per nuovi sviluppi.